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By My Side/ Accanto a me

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La mostra

Il progetto di ricerca By My Side/ Ob meni/ Accanto a me è stato ideato nel 2019 da Simon Brunel e Nicolas Pannetier dell'organizzazione berlinese Atelier Limo, nell'ambito del festival Rewriting the Map, allestito dall’organizzazione Literary Colloquium Berlin. Nel 2021 il Kinoatelje, assieme ad un gruppo di giovani ricercatori, architetti e artisti, ha ampliato la ricerca multimediale sulle tracce che il confine segna permanentemente nel paesaggio e nella vita degli abitanti di Belfast, Berlino, Mostar e Nicosia, alle quali si aggiungono adesso anche Nova Gorica e Gorizia sulla mappa europea.

Il progetto fa parte del festival transfrontaliero Omaggio a una visione e del programma della Capitale Europea della Cultura 2025.

Alla ricerca su Gorizia e Nova Gorica hanno partecipato: Boštjan Cigoj, Urban Košir, Ines Lakovic, Valentina Stincone e Nika Vidovič.

Oltre agli approcci di ricerca classici abbiamo voluto integrare anche quello artistico, il cui scopo è di articolare, oltre a fatti e testimonianze, anche le realtà esperienziali e simboliche delle città. Nella prima iterazione, presentiamo dunque, le risposte artistiche di Jakob Koncut, Saša Mrak e Maro Trost.

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BELFAST

BERLIN

MOSTAR

NICOSIA

NOVA GORICA/ GORIZIA

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Nova Gorica/ Gorizia

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1001
Gorizia viene citata per la prima volta come “Villa quae Sclavorum lingua vocatur Goriza” in un documento in cui l’imperatore Ottone III concedeva il castello di Gorizia e i territori vicini al patriarca di Aquileia Giovanni II e al conte del Friuli Werihen.

1500
Muore Leonardo, l’ultimo conte di Gorizia. La città di Gorizia e gli altri possedimenti che appartennero ai conti di Gorizia fin dal XII secolo passano agli Asburgo, in conformità con il patto successorio.

1508—1509
Prima guerra tra gli Asburgo e la Repubblica di Venezia, in seguito alla quale Gorizia passa per alcuni mesi sotto il dominio di Venezia. In questo periodo inizia la trasformazione del castello, che assume l’aspetto come lo conosciamo oggi.

18—19 stoletje/ secolo
Durante il governo di Maria Teresa d’Austria inizia un’epoca di rinnovata ascesa per Gorizia, che si rispecchia soprattutto nell’architettura e nella letteratura. Grazie al clima mite, ai numerosi parchi e agli edifici sontuosi, Gorizia diventa un luogo di villeggiatura prediletto dall’alta borghesia e dai nobili austriaci. È in questo periodo che inizia a essere chiamata “Nizza austriaca”.

1915—1918
Gorizia si ritrova nelle retrovie del Fronte dell’Isonzo e subisce spesso attacchi
durante gli scontri. L’esercito italiano occupa la città dopo la sesta battaglia dell’ Isonzo, ad agosto del 1916, ma dopo lo sfondamento da parte degli eserciti austro-ungarico e tedesco a Caporetto nel novembre del 1917 ritorna in mano austriaca. Dopo il crollo dell’Impero austro-ungarico nel 1918 Gorizia passa
nuovamente all’Italia.

1920—1922
Il 12 novembre 1920 viene firmato il Trattato di Rapallo, con cui Gorizia e il suo
territorio vengono ufficialmente annessi al Regno d’Italia. Nel 1922 in Italia salgono al potere i fascisti, cui seguono arresti, uccisioni, torture, forti pressioni e una politica di repressione nazionale nei confronti degli sloveni in tutta la Venezia Giulia. Di conseguenza sorgono diverse forme di resistenza e viene fondata l’organizzazione antifascista TIGR.

1945—1947
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, in Venezia Giulia viene tracciato un confine provvisorio tra l’Italia e la Slovenia, noto come Linea Morgan, che
suddivide il territorio in Zona A (comprendente il Goriziano, la valle del Vipacco, Brda e la valle dell’Isonzo), e la Zona B (comprendente il Carso e l’Istria). Dopo la Conferenza di pace di Parigi, tutto il territorio della Zona B e parte di quello della Zona A con la valle del Vipacco, Brda e la valle dell’Isonzo, passa alla Jugoslavia. Gorizia va all’Italia.


1947—1952
Dopo il passaggio di Gorizia all’Italia, il territorio delle valli del Vipacco e dell’Isonzo, di Brda e della Selva di Tarnova resta senza un importante centro amministrativo. Dopo la Conferenza di pace di Parigi del 1947, il Politburo del Comitato centrale del partito comunista jugoslavo (CK KPJ) emette l’ordine di costruire un nuovo centro amministrativo, economico e culturale lungo il confine, a cui viene dato il nome di Nova Gorica. La costruzione della città inizia nell’ottobre del 1947 secondo il progetto urbanistico di Edvard Ravnikar nel tipico spirito socialista dell’epoca.

1975
Viene firmato il Trattato di Osimo, che sancisce il confine esistente tra
Jugoslavia e Italia. Viene introdotto un lasciapassare particolare che facilita il passaggio del confine agli abitanti della zona transfrontaliera.

1991
Con il plebiscito del 23 dicembre 1990 la stragrande maggioranza degli sloveni si esprime a favore di uno stato indipendente e della secessione dalla Jugoslavia. L’Italia riconosce l’indipendenza della Slovenia il 17 gennaio 1992, a cui segue la conferma ufficiale e bilaterale del confine esistente.

2004
La Slovenia, assieme ad altri nove stati, dopo lunghe e difficili trattative diventa membro dell’Unione europea (UE). L’adesione all’UE viene sancita ufficialmente il primo maggio 2004, con una solenne cerimonia in Piazza Transalpina, tra le due Gorizie, a cui partecipano le massime cariche politiche slovene ed europee.

2006
Con l’ingresso della Slovenia in Schengen nel 2006 viene eliminato il confine fisico in alcuni punti della città e in alcuni valichi minori.

2020
Nella primavera del 2020, in conseguenza alla diffusione del coronavirus, viene temporaneamente ripristinato il confine fisico tra Slovenia e Italia. Il 18 dicembre 2020 Nova Gorica e Gorizia, in seguito alla candidatura congiunta, vengono nominate Capitale europea della cultura per l’anno 2025.
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Una rappresentazione grafica come parte di uno studio più ampio sull'evoluzione del confine e come il suo concetto è cambiato negli ultimi 2000 anni.


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Una serie di fotografie che esplorano le tracce del confine di stato tra le due città e le barriere fisiche che ancora oggi ne disegnano l'esistenza.
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La prima volta che ho messo piede a Gorizia ovvero Nova Gorica nel 2006, era stato in un contesto molto particolare: come giovane studente di architettura avevo deciso, insieme al mio collega Nicolas, di riflettere sul futuro dei valichi di frontiera in Europa centrale che avrebbero perso la loro funzione con l'allargamento dell'area Schengen nel dicembre 2007.

Due mesi prima ci siamo recati fino al Mar Baltico sul confine tedesco-polacco e avevamo documentato tutti i passaggi di frontiera tra i “vecchi” paesi dell'Unione europea (a ovest) e i “nuovi” (a est). Diverse migliaia di chilometri e 200 passaggi di frontiera documentati dopo, siamo arrivati a Gorizia ovvero Nova Gorica. Ricordo che eravamo incuriositi da questi strani nomi: “Gorizia” e “Nova Gorica”. Non sapevamo quasi nulla della storia della città né della regione. Così abbiamo dato una lunga occhiata in giro per cercare di capire.

Per la città ci siamo spostati in auto e a piedi, tenendo gli occhi incollati alla cartina geografica, chiedendoci perché la linea di confine combaciasse con la linea ferroviaria. Strano... E questa stazione il cui piazzale e l'ingresso sembravano essere stati costruiti al contrario, aprendo le porte sul lato “sbagliato”. Poi abbiamo bussato alla porta del piccolo museo nell'edificio della stazione e la signora Marinka ci ha spiegato tutto.

Da quel giorno abbiamo viaggiato spesso lungo le molte frontiere d'Europa, il che era diventato in parte anche il nostro mestiere. Ma abbiamo sempre avuto un legame molto speciale con questa città. Abbiamo girato due documentari, assieme ai nostri amici del Kinoatelje abbiamo organizzato una grande proiezione in Piazza Transalpina/Trg Evrope nel 2009, diversi anni dopo, invece, abbiamo creato un'installazione e organizzato un concerto. Durante il tempo abbiamo conosciuto molte persone, tra cui anche Luca e la sua famiglia, che hanno simbolicamente comprato l’ex casello del posto di controllo della frontiera e ne hanno fatto la loro casa.

Nel corso degli anni la città è diventata per noi una sorta di affascinante laboratorio dal quale abbiamo potuto osservare quanto sia sfuggente e sfocato il confine, come possa apparire, sbiadire e riapparire in forme diverse.

Ma al di là di queste considerazioni teoriche, Gorizia e Nova Gorica sono diventate per me soprattutto un luogo a cui mi sento legato emotivamente. Ora credo di capire perché: è una città che mi assomiglia. Una città dalla personalità complessa e inclassificabile, una città ambivalente con identità multiple, una città che non smette mai di interrogarsi su sé stessa e cercare di capire chi è veramente in un mondo sempre più ricco e complesso.

È per tutte queste ragioni che amo tornare, anche se da Berlino devo attraversare l'Europa con il treno notturno. So che quando arrivo, il caffè che ordino sulla terrazza soleggiata del bar della stazione avrà un sapore molto speciale, un sapore che posso trovare solo qui, quello della libertà.

Simon Brunel
Atelier Limo


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"Aprire una fioreria in Italia ha avuto un impatto molto positivo sulla mia vita, poiché mi ha dato la possibilità di evolvermi come imprenditrice. Credo che negli ultimi anni gli Sloveni e gli Italiani siano sempre più uniti tra di loro, soprattutto nel campo commerciale. D’altra parte, però, ci lega anche l’amore..."

Urša Pelicon
fiorista
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"Io sono un trapiantato. Mi sono trasferito qui 11 anni fa. Vengo dalla Lombardia dalla zona Brianzola, quindi da un’altra realtà. Prima di arrivare qui mi aspettavo di trovare una situazione simile a Berlino divisa in due dal Muro. In realtà ho trovato due entità completamente separate tra di loro che vivono ognuna per conto suo, almeno questa è la mia impressione.La separazione più evidente è la questione linguistica. Per la parte italiana secondo me c’è meno propensione ad imparare la lingua slovena, mentre reciprocamente è più facile che la parte slovena conosca l’italiano. Mi piacerebbe che queste due cose collimassero. Parlandone con mia moglie ci siamo resi conto che questa mancanza di comunicabilità tra i due confini bisognava in qualche modo colmarla. Anche con le nuove generazioni bisogna cominciare a picconare questo muro emotivo. La cosa migliore è parlare nella lingua dell’altro. E quindi abbiamo pensato di iscrivere nostro figlio alla scuola slovena."

Stefano Barletta
libraio
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"Sono un musicista e uno sportivo. Nel corso della mia carriera ho sempre collaborato con musicisti e atleti sia sul versante del confine italiano che quello sloveno. Quando sono con loro non sento alcun confine. Penso che questo sia dettato dal fatto che siamo cresciuti in un territorio che rafforza il multiculturalismo. Nei nostri gruppi Facebook siamo tutti una cosa sola. Parliamo in inglese, italiano, sloveno… Questa è la nostra quotidianità."

Matija Frandolič
musicista e sportivo














( Foto: Tilen Persič)
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"I confini sono visibile alle vecchi generazioni. Qui mi riferisco, soprattutto, alle diverse ideologie e stati mentali, che purtroppo non sono ancora stati superati, nemmeno dalle generazioni più giovani. Le giovani, nuove generazioni devono andare oltre a ciò. Occorre anche essere critici e credo che Gorizia sia molto superata. I posti di rilievo, sono occupati da anziani che avrebbero dovuto ritirarsi da tempo, lasciando gli incarichi ai giovani. Mentre noi a Nova Gorica abbiamo problemi del tutto diversi. Per molto tempo, l’attività principale a Nova Gorica è stata rappresentata dal gioco d’azzardo, che di certo non offriva un buon punto di partenza per lo sviluppo di una vita di qualità per l’intera
comunità."

Zoran Freiberg
parrucchiere
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Una sottile visione dei confini naturali e spontanei che si sono formati tra i due paesi.

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"Nella mia vita, alla fine, il rapporto con la Slovenia ha contribuito a formarmi del tutto. Sono grata di vivere in una terra di confine. Secondo me la convivenza delle due città è fittizia. Fino a quindici, venti anni fa c’erano dei problemi: tanti litigi, tanto “razzismo”. È bruttissimo da dire, ma tantissimi italiani si sentivano superiori agli sloveni. La situazione era tesa, ma non mi riguardava. Fortunatamente i giovani di oggi queste cose non le hanno vissute, non hanno mai visto questo strano rapporto che c’era tra le due parti; quindi, vivono in maniera molto più naturale. Invece per quanto riguarda la collaborazione, si potrebbe fare molto di più. Purtroppo, a mio parere ci sono ancora dei blocchi tra le due realtà e perciò non fila tutto così liscio."


Monica Visentini
tatuatrice
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"La divisione può essere spiegata molto facilmente. Viviamo in due ordinamenti giuridici che presentano enormi differenze tra di loro, soprattutto a livello politico. Si tratta di due ordinamenti giuridici diversi, di due legislazioni difficilmente armonizzabili. E ritengo questo sia il problema principale che dovremo affrontare nell'unificazione del territorio. I punti che ci accomunano, ovviamente, vi si presentano nella cultura e nel paesaggio, che non sono poi così separati. Abbiamo abitudini e tradizioni simili e da questo punto di vista ci assomigliamo. Gorizia e Nova Gorica sono città periferiche sia per la Slovenia che per l'Italia. Pertanto, il loro unico punto di partenza sensato è collaborare e presentarsi come un fronte unito. Un unicum a livello europeo per mostrare come due città (o un agglomerato urbano) possano convivere, creare qualcosa di nuovo ed essere d'esempio per il resto dell'Europa."

Fabio Visintin
sindaco del Comune di Doberdò del Lago
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Un'impressione dal periodo del covid, quando il confine tra le due città paralizzava i contatti e la quotidianità dei suoi abitanti.

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"Se potessi, cambierei sicuramente le prospettive più prossime, cercherei di fare in modo che non solo le persone che ci amministrano, ma un po’ tutti capissero che dovremmo essere più uniti e diretti verso un unico obiettivo: quello di due città che convivono, nonostante i confini, fisici e astratti, che ci circondano."


Carlo Sclauzero
fotografo
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"Molte persone, adulti e bambini, non sanno dell’esistenza dei confini. Io, d’altro canto, conosco questo concetto da quando sono nato, sono cresciuto con esso, insieme ai racconti e alle storie di contrabbando ma anche ad altre cose meno piacevoli. Sono nato a Fiume, città che a suo tempo era sotto l’Italia e il confine correva lungo il fiume Fiumara. Quando mi sono trasferito in questa casa (ex valico San Gabriele), a quel tempo ancora da emigrato senza cittadinanza slovena, ero costretto ad attraversare il confine dall’altra parte di Nova Gorica, presso il valico internazionale. L’ho sempre considerato un fatto piuttosto bizzarro, in quanto la mia residenza era proprio su un valico, che però non potevo attraversare, poiché non avevo il lasciapassare. In quel tempo, risentivo molto l’esistenza del confine, e perciò sono ancora più felice oggi di non sentirlo più. È un modo di vivere completamente diverso, quando non esistono confini."

Dražen Grbac
allenatore e insegnante

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"Tra Gorizia e Nova Gorica non percepisco alcun confine. Io sono di Gorizia e mi alleno dall’altro lato del confine. Ma quando attraverso quella linea, non la sento affatto. Penso che Gorizia e Nova Gorica si assomiglino molto, proprio come le persone che vivono in questa zona."

Mija Primožič
pattinatrice
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"Nel mio caso il confine definisce le regole, ma non separa. Il confine serve per l'immaginario, è un viaggio nel mondo dei sogni, è come attraversare una soglia che ci conduce verso l’ignoto, verso nuove esperienze. È una terra di nessuno dove la propria identità è messa continuamente in discussione. È una zona di transizione, di mutamento interiore, contrapposta alla prevedibilità del quotidiano. È una zona dove ci si illude che tutto sia possibile."

Giorgio Valvasori
Artista

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Apertura dello spazio transfrontaliero e la costruzione della comunità attraverso la fotografia di ritratto e l'uso dell'intelligenza artificiale come strumento per unire l'incompatibile.

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Ricerca di Nova Gorica/ Gorizia:

Interviste:
Ines Lakovič

Cameraman e fotografo delle interviste:
Urban Košir

Cronologia storica:
Boštjan Cigoj

Artisti/ architecti che hanno aderito al progetto:
Saša Mrak
Jakob Konuct
Marco TrostValentina StinconeNika Vidovič

Traduzioni:
Mateja Sulic
Sara Terpin
Martina Humar

Curatrice della mostra:
Eva Kraljič

Responsabile del progetto:
Mateja Zorn

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Belfast

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1542
Il re inglese Enrico VIII dichiara il Regno d'Irlanda territorio sotto il controllo inglese. A seguito di questa dichiarazione nascono diversi movimenti di resistenza irlandesi.

1922
In seguito alla guerra d'indipendenza tra l'Esercito repubblicano irlandese (IRA, l'esercito della Repubblica d’Irlanda) e le forze britanniche, l'Irlanda viene divisa. Viene creata l'Irlanda del Nord che rimane sotto il controllo britannico.

1967
Inizio dei conflitti armati tra gli unionisti (prevalentemente protestanti e chi lotta per mantenere l’annessione dell’Irlanda del Nord alla Gran Bretagna) e i nazionalisti (persone principalmente proveniente da un ambiente cattolico romano e chi combatte per un'Irlanda unificata). Dal 1967 al 2003 ci sono stati oltre 36.900 sparatorie e oltre 16.200 attentati o tentativi di attentati dinamitardi associati al “conflitto nordirlandese”. 3.254 persone sono state uccise durante questo periodo.

1969
A seguito di sommosse significative vengono costruite le prime “linee della pace” in diverse città dell'Irlanda del Nord con lo scopo di ridurre così scontri e vittime. Originariamente poche, le barriere si sono moltiplicate nel corso degli anni, passando da 18 all'inizio degli anni '90 ad almeno 59 alla fine del 2017. Complessivamente, si estendono per oltre 34 km, e sono situate principalmente a Belfast.

1998
Il Regno Unito e Irlanda firmano l'Accordo del Venerdì Santo per pacificare il conflitto. Tuttavia, le “linee della pace” aumentano sia in altezza che in numero, specialmente a Belfast per evitare ulteriori scontri.

2019
Lyra McKee, una giovane giornalista di rilievo, viene uccisa a Londonderry, vicino a Belfast, durante una notte di scontri tra unionisti e nazionalisti.
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Belfast, la capitale dell'Irlanda del Nord che fa parte del Regno Unito, non è né geograficamente né politicamente una città di confine. La linea che separa la provincia dalla Repubblica d'Irlanda si trova a circa 50 miglia più a sud. Eppure ...
Non appena ci si allontana dal centro della città, il territorio si divide spesso tra distretti “unionisti” (con maggioranza protestante e coloro che desiderano che l'Irlanda del Nord faccia ancora parte del Regno Unito) e distretti “repubblicani” (con maggioranza cattolica e nazionalista).

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Mentre questa distinzione è spesso invisibile a prima vista, in alcuni punti della città il confine viene fisicamente incarnato dalle “linee della pace”. Queste mura, alte diversi metri e che assumono forme differenti a seconda della loro ubicazione, sono state costruite in varie parti della città per dividere gli abitanti di zone diverse e per ridurre il rischio di scontri e violenze. Sebbene alcuni di questi quartieri chiusi abbiano barriere che si aprono e chiudono in determinate ore della notte (dando loro l'aspetto di comunità residenziali chiuse), in genere è sufficiente percorrere qualche centinaio di metri per passare liberamente “dall'altra parte”.

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Začnite prikaz pred / po
Il più delle volte, però, la distinzione tra distretti unionisti e quelli repubblicani è più fine, e si può notare in una moltitudine di segni distintivi: magliette calcistiche, cappellini, murales, bandiere, marciapiedi dipinti con i colori della bandiera del Regno Unito chiamata “Union Jack” ... Che siano elementi visibili che si trovano per le strade o indossati dagli stessi abitanti di Belfast, questi innumerevoli segni di appartenenza sono per i visitatori un costante promemoria che segnala in quale “parte” della città di trovano.

A Belfast, una maglia da calcio del Chelsea diventa un simbolo di fedeltà al Regno Unito, mentre una bandiera palestinese funge da simbolo per la lotta dei nazionalisti irlandesi contro “l’occupante” britannico.

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visuale prima/dopo

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“Quando vedi un murale repubblicano, sai che sei in una zona repubblicana. Se vedi un murale unionista, sai che sei in una zona unionista. Questa è la realtà delle cose e certo non unisce le presone. Per niente. Avete sentito parlare delle strade? Sono divise, c’è come un confine invisibile tra il verde, bianco e oro e il rosso, bianco e blu… Può essere solo una strada o qualcosa del genere...”

Proprietari del negozio

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“Questo non è un problema di per sé, ma qualcosa che si è manifestato attraverso il conflitto. Ciò che voglio dire è che entrambe le parti temono di essere attaccate se si rimuovesse quel muro. Io personalmente credo che il problema sia il modo di pensare della gente. La struttura materiale è facile da eliminare, ci si procura gli strumenti e la si rimuove, ma questo non risolve il problema, perché la paura rimane nelle teste della gente. Bisogna eliminare questa paura. Alcune persone giocano con questa paura e la sfruttano per i propri scopi politici...”

Una persona incontrata alla scuola cattolica
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"Nuovi" murali

Oggi la città incoraggia la creazione di murales che veicolano cause e simboli neutri o unificanti, come per esempio messaggi di pace, la lotta contro riscaldamento globale o, come in questo caso, un dipinto in memoria del Titanic, costruito nel porto della città all'inizio del XX secolo.

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“La Brexit ci ha fatto riflettere seriamente su dove sia la nostra identità e ha sollevato quel ‘processo interiore’ di cui parlavo.

L'accordo del Venerdì Santo… Forse non siamo poi così distanti. Non ci spariamo più, non ci lanciamo bombe… Ma la vera ideologia, il modo di pensare, ciò che si ha nel cuore non è cambiato più di tanto...”

Rev. Brian AndersonChiesa metodista

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“Cosa ci rende speciali? Cosa rende tutto più complicato? Cercherò di spiegarlo meglio possibile… Quando vado in altri luoghi sono sempre invidiosa del fatto che lì la gente può semplicemente iniziare a creare un’opera d’arte, come se partissero da zero. Noi invece dobbiamo iniziare un passo prima, giustificando cosa stiamo facendo e garantendo che il nostro operato non offenderà nessuno e che includeremo tutto in modo uguale. Prima di iniziare a lavorare è necessario pensare meticolosamente a tutto… e stare molto attenti alle proprie parole e al modo in cui ci si pone.”

Jan Carson
scrittrice (The Fire Starters)

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“Non sono ammesse le magliette da calcio né tutto ciò che noi chiamiamo ‘colori’, che possono indicare l’appartenenza o il sostegno a una comunità. Tutto questo è vietato. Si indossa semplicemente un normale abbigliamento da allenamento. Nessuno sa chi è chi, cosa è cosa. Adesso sono nate amicizie tra persone di diversa appartenenza che forse non si sono mai incontrate prima. Le cose stanno andando bene. Stiamo facendo ciò che ci siamo prefissi, ma c’è ancora molto altro da fare...”


Terry McCorran
Boxing Academy Belfast

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Un buco nel muro

L'ex scuola in cui Terry fondò la sua accademia di boxe è adiacente al muro della “linea della pace”. In questo punto esatto, Terry ha intenzione di fare un buco nel muro per mettere una porta che permetta agli allievi che vivono dall'altra parte di accedere alla palestra senza fare una deviazione di diversi chilometri. Ha chiesto alle autorità il permesso di eseguire questo progetto nel 2019.

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“Questa zona è quella che chiamiamo area di interfaccia. Alcuni la chiamano ‘muro di interfaccia’, ‘muro della pace’, ‘muro della separazione’… Comunque lo si voglia chiamare, divide le due comunità e questa parte di Belfast. Da questa parte del muro ci sono le persone chiamate ‘la comunità lealista’, e dall’altra parte quelle chiamate ‘la comunità nazionalista’. Spesso c’è un po’ di tensione qui, ecco perché il muro esiste ancora. Speriamo che aprano un varco nel muro in fondo al passaggio per aprire il club a entrambe le comunità...”

Terry McCorran

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“Può funzionare in entrambe le direzioni. Ci sono persone che fanno di tutto per offendere deliberatamente e provocare l’altra parte, scegliendo con cura le parole per infastidire le persone. Io non voglio farlo, per cui come artista devo pensare a come presentarmi prima di creare qualcosa. Allo stesso modo, in quanto persona che produce arte nei progetti, devo considerare tutti gli aspetti intracomunitari, essere equidistante e assicurarmi che tutti siano coinvolti. Nelle altre città non vedo questo. Quando vado in America e dico: ‘La scorsa settimana abbiamo avuto un festival letterario e ho dovuto distribuire un modulo chiedendo di segnare se si è protestanti o cattolici, perché i nostri sponsor vogliono essere sicuri di finanziare in modo equo un pubblico diversificato,’ mi guardano come se fossi pazza, perché è veramente offensivo chiedere questo alle persone. È radicato in noi, qui si fa così. Non so se è lo stesso nelle altre città divise...”

Jan Carson
scrittrice (The Fire Starters)
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Berlin

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1945
Come anche il resto della Germania, Berlino viene divisa in 4 zone. Ogni zona della città è occupata da una delle quattro potenze alleate: gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia e l’Unione Sovietica che controlla anche il resto della parte orientale della Germania.

1961
Il Presidente del Consiglio di Stato della Repubblica Democratica Tedesca (DDR), Walter Ulbricht, afferma in una conferenza stampa internazionale: “Nessuno ha intenzione di costruire un muro!”. Ad agosto, alcuni mesi dopo, inizia la costruzione di un muro lungo 156 km, con l'obiettivo di fermare l'esodo degli emigranti dalla Germania dell'Est.

1989
Nella notte del 9 novembre i tedeschi dell'Est iniziano a radunarsi in prossimità del Muro presso i sei posti di blocco tra Berlino Est e Ovest, chiedendo che le guardie di frontiera aprano immediatamente i cancelli. Le autorità sono sopraffatte e lasciano che le persone attraversino il confine.

1990
Artisti da tutto il mondo affluiscono a Berlino per dipingere una sezione del Muro lunga 1,3 km situata vicino alla stazione ferroviaria Ostbahnhof. Questa è la creazione della East Side Gallery.

1991
Riunificazione della Germania.

2004
Un consorzio di enti pubblici e aziende private crea l'iniziativa Media Spree che mira a promuovere gli investimenti nelle aree lungo il fiume Sprea, compresa la East Side Gallery.

2008
L'iniziativa Mediaspree versenken organizza e vince il referendum contro la privatizzazione delle sponde del fiume Sprea.

2009
La East Side Gallery viene rinnovata e attira sempre più turisti.

2013
Suscita proteste la rimozione di una sezione del muro di Berlino per permettere la costruzione di appartamenti di lusso nell’ambito del progetto Living Levels.

2018
Avviene l’inaugurazione della piazza Mercedes-Benz davanti alla Mercedes-Benz Arena di Berlino. Un secondo tratto del muro di Berlino viene spostato per liberare lo spazio necessario alla costruzione del complesso alberghiero Pier 61/63.

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La caduta del muro di Berlino nel 1989 e il successivo smantellamento delle infrastrutture dei punti di controllo sul confine hanno liberato numerose aree “non definite” lungo i 151 km dove si ergeva il muro. Mentre alcuni di questi spazi vuoti sono stati rapidamente riqualificati nel corso di ambiziosi progetti urbanistici nel centro della capitale tedesca negli anni '90 e 2000 (Potsdamer Platz, Piazza Brandeburgo e il quartiere ministeriale), altri hanno impiegato più tempo per suscitare l'interesse degli investitori.
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Negli ultimi due decenni, la capitale tedesca ha finalmente visto una crescita economica spettacolare e il valore degli immobili è aumentato notevolmente in tutta la città. Le aree ex “terra di nessuno”, come quelle sulle rive del fiume Sprea nel distretto di Friedrichshain, hanno guadagnato un enorme valore di mercato. Quando nel 2009 sono stati restaurati i murales sui resti del muro di Berlino, l'area è diventata una delle principali attrazioni turistiche della città e di conseguenza è stata gradualmente rilevata dagli investitori privati. Da diversi anni ormai, le gru dominano sempre più spesso lo skyline cittadino, mentre la maggior parte dei club e dei “beach bar” che un tempo facevano della scena alternativa berlinese un'attrazione mondiale sono scomparsi. Essi sono stati sostituiti a torri di uffici in vetro e acciaio, centri commerciali, parcheggi, appartamenti di lusso, hotel e una grande arena multiuso sponsorizzata dalla Mercedes-Benz, come pubblicizzato anche dagli innumerevoli schermi che di notte illuminano il cielo di Berlino.





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"La relazione delle persone con la propria storia è strana. Conoscono la storia degli ultimi 50 o 100 anni, o anche di più, ma perdono il legame con essa dopo un periodo relativamente breve. Ciò significa che tra 50 anni la striscia della morte non susciterà più alcun sentimento."

Vitali Kivmann,
ALTHAFEN Real Estate GmbH

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"Di più non è possibile… il sistema pubblicitario plasma l’ambiente. Ci sono otto postazioni doppie con video pubblicitari a LED ed enormi pareti a LED sulle facciate. Qui tutto il giorno, ma soprattutto la notte, c’è un lampeggiare e luccicare. Non è più possibile distogliere lo sguardo. Si tratta di un abuso totale dello spazio pubblico a scopo pubblicitario."

Carsten Joost
architetto freelance

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"Il club è rimasto aperto ufficialmente per 14 anni, poi l’edificio è stato demolito e ricostruito. […] Avevamo un’area piuttosto grande che includeva una galleria d’arte, che era sempre vuota e a disposizione di nuovi artisti per nuovi allestimenti. Proprio questo era lo stimolo principale a fare cose inusuali, incluse quelle non commerciali."

Jochen Ströh
ex manager del the Lovelite Club

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Mostar

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1566
Viene costruito un ponte di pietra sul fiume Neretva per unificare entrambi i lati della città che fa parte dell'Impero ottomano.

1878
La Bosnia ed Erzegovina ricade sotto il controllo dell’Impero austro-ungarico.

1918
Mostar diventa parte dello Stato degli Sloveni, Croati e Serbi, e poi della Jugoslavia.

1992
La Bosnia ed Erzegovina dichiara la propria indipendenza dalla Jugoslavia.

1993
La guerra croato-bosniaca si intensifica e a metà aprile 1993 Mostar diventa una città divisa. La parte occidentale viene controllata dalle forze croate, mentre l'esercito bosniaco era concentrato in gran parte nella parte orientale. Diverse famiglie si spostano da una parte all'altra. Il fronte divide etnicamente la città.

2004
Il Ponte Vecchio, distrutto durante la guerra, viene ricostruito a seguito di un grande progetto internazionale di ricostruzione. Un anno dopo, il Ponte Vecchio e le sue vicinanze vengono iscritte nel Registro del Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Mostar comincia ad attirare sempre più turisti da tutto il mondo.

2012
Nasce l’International street art festival che mira a ridefinire lo spazio pubblico e connettere artisti da tutto il mondo.

2017
Nel cuore della città viene aperto il Mepas Mall, un centro commerciale e di business. L'edificio di 100.000 metri quadrati è il più grande centro commerciale della Bosnia e porta a Mostar oltre 100 marchi mondiali, tra cui Bershka, Stradivarius, Zara, NewYorker e un ristorante della McDonald's.

2018
Mostar è una delle città finaliste per il titolo di Capitale Europea della Cultura 2024.
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Proprio come Belfast, nemmeno Mostar è una città di confine. La quinta città più popolata della Bosnia ed Erzegovina si trova a una cinquantina di chilometri dalla Croazia e un centinaio di chilometri dal Montenegro, a sud del paese.

Nessun confine è immediatamente evidente ai tanti turisti da tutto il mondo che vengono per visitare il centro storico, considerato uno dei massimi esempi di architettura islamica nei Balcani. Tuttavia, basta parlare con gli abitanti, per far rivelare un confine che attraversa il cuore della città.


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Questo confine invisibile corrisponde al fronte che correva lì durante la guerra jugoslava, la quale ha causato circa 2.000 vittime a Mostar nei primi anni 90. I segni di questa prima linea di combattimento sono ancora visibili in alcuni quartieri della città (edifici trascurati, fori di proiettili, vuoti lasciati da edifici demoliti e mai ricostruiti), e se si presta attenzione si può notare i campanili delle chiese da un lato e i minareti delle moschee lato del fiume. Ma è soprattutto l'organizzazione amministrativa della città che mette in evidenza la divisione tra la parte croata e quella bosniaca: nelle scuole, nella gestione delle infrastrutture, nei servizi, negli organi amministrativi e politici.

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“Abbiamo scuole costituite da due scuole in una. Ne avete già sentito parlare? Vedete quell’edificio arancione nella piazza Španjolski trg? Quella era la mia scuola superiore. Lì ci sono due programmi scolastici: una classe bosniaca e una croata. Loro imparano il croato, noi il bosniaco… Questo è il problema. Abbiamo due compagnie per l’energia elettrica, una croata e una musulmana, e lo stesso vale per la fornitura di acqua. Che altro? Tutto...”

Neira Kerović
Abitante Mostar

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“Puoi perdonare, ma mai dimenticare. Avevo tre anni quando è iniziata la guerra. Mio padre è stato in un campo di concentramento. Mi ricordo quando tornò a casa, pesava forse 30 chili… Era così magro che non lo riconoscevamo. La nostra casa bruciò. Mio zio era disperso. Non lo abbiamo mai ritrovato… Mia madre è stata violentata durante la guerra. Dopo la guerra abbiamo vissuto in diverse città in Bosnia. Poi abbiamo ricostruito la nostra casa… Ora va tutto bene.”


Menvirsa Kmetas-Demic,
Museo delle vittime di guerra e del genocidio

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Centro commerciale 'neutro'

Nel nuovo grande centro commerciale le distinzioni, invece, stanno scomparendo. Quando si tratta di grandi marchi commerciali, le altre differenze svaniscono.

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“La gente continua a sottovalutare il valore della propria cultura. Perché il capitalismo e il consumismo sono stati il Santo Graal? Perché la gente pensava: ‘Se finalmente riusciremo ad arrivare in quel luogo dove possiamo comprare tutto, staremo sufficientemente bene o ci sentiremo bene con noi stessi.’ Questa è una benedizione mascherata o, se preferite, una maledizione mascherata, perché ha riunito tutte le persone sotto lo stesso tetto e ha creato un’identità uguale… cioè l’identità del consumatore.”

Mirko Božić
Poeta e scrittore

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Gli innumerevoli murales dipinti per tutta la città sono un importante canale di espressione per i giovani di Mostar, desiderosi di liberarsi dell'immagine di una città divisa. L’international street art festival accoglie regolarmente artisti da tutto il mondo ed è diventato negli anni un evento di rilievo a livello europeo.
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“La gente qui a Mostar collega tutto alla guerra, perciò nel lavoro bisogna stare molto attenti a tutti i dettagli. Sarà offensivo per qualcuno? Rappresenterà un brutto ricordo? Quella persona che vive nella casa che stai per dipingere è stata in guerra? Ha perso qualcuno nel conflitto? È davvero difficile pensare a tutte queste cose mentre stai facendo un murale. Hai 20 artisti dall’estero e lo sai… Esistono delle divisioni: ci sono persone a cui piace l’arte di strada e altri che la ritengono vandalismo.”

Sabina Maslo,
organizzatrice dello Street Art Festival

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Nicosia

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1878
L'isola di Cipro, sotto il dominio dell’Impero ottomano dal 1571, diventa parte dell’Impero britannico.

1960
Cipro ottiene l'indipendenza dal Regno Unito. In quel periodo, l'82% della popolazione è considerato greco-cipriota, il 18%, invece, turco-cipriota. Entrambe le popolazioni convivono su tutto il territorio dell'isola. L'esercito britannico rimane sull'isola situato in diversi impianti permanenti.

1974
Si scatena il conflitto armato tra i greci e turchi ciprioti. Di conseguenza, la parte settentrionale dell'isola è occupata dall'esercito turco. Oltre 150.000 greco-ciprioti e 50.000 turco-ciprioti sono sfollati. Le Nazioni Unite mantengono una zona cuscinetto, nota come “linea verde”, per evitare ulteriori tensioni e ostilità tra le due comunità. La stessa capitale Nicosia è divisa in due parti, separate dalla terra di nessuno.

1983
La comunità turco-cipriota dichiara unilateralmente l'indipendenza, formando così la Repubblica Turca di Cipro del Nord, un'entità sovrana che non viene riconosciuta da nessun stato internazionale, tranne da parte della Turchia.

2003
Cipro del Nord allenta unilateralmente le restrizioni alle frontiere, consentendo ai ciprioti di attraversare le due parti per la prima volta in 30 anni.

2008
Dopo diverse manifestazioni pacifiche, Ledra Street, nel centro di Nicosia, viene riaperta alla presenza di funzionari greci e turco-ciprioti. Il turismo comincia a svilupparsi in questa zona.

2019
Per la prima volta, un candidato turco-cipriota, Niyazi Kizilyurek, viene eletto al Parlamento europeo.
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Nicosia è un caso unico in Europa. Come il resto dell'isola di Cipro, nel 1974 la città viene divisa da una zona cuscinetto larga centinaia di metri – una terra di nessuno sotto il controllo militare delle Nazioni Unite.

Questo confine è una reliquia del conflitto armato tra i greci ciprioti e i turchi ciprioti che ha portato allo sfollamento di 150.000 greci e 50.000 turchi nelle parti settentrionali e meridionali dell'isola.

Lo stato fatiscente dell'aeroporto internazionale di Nicosia, caduto in disuso e chiuso dal 1974, è una testimonianza dello scorrere degli anni: gli edifici e i rottami di aerei sono simboli appropriati dello stallo politico che paralizza l'isola da oltre quattro decenni.

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“Penso sia importante sapere che le forze militari delle due parti non comunicano tra di loro. Non si riconoscono e non si parlano. Comunicano solo tramite le Nazioni Unite. L’ONU riveste quindi un ruolo importante nell’assicurare una buona comunicazione tra le forze opposte e nell’evitare malintesi.”


Aleem Siddique
Rappresentante ONU a Cipro

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Nel centro cittadino, la popolazione ha fatto i conti con la presenza del confine. La vita quotidiana è piena di scene incongruenti come le terrazze dei caffè accanto alle barricate militari presidiate da soldati armati e telecamere di sorveglianza. Oltre i sacchi di sabbia, i barili di petrolio e il filo spinato giacciono le rovine dei quartieri evacuati per far spazio alla zona cuscinetto.
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“A Cipro l’assenza della guerra non significa pace. Gli stranieri e persino chi vive qui pensano che siccome non ci sono incidenti, omicidi o situazioni difficili, non ci sia una guerra in corso, che ci sia la pace. Ma io non la vedo così. Vedo il filo spinato per strada. Vedo i militari. Non è forse una guerra questa? La situazione che si vorrebbe continuasse è invece qualcosa che dobbiamo cambiare!”

Ioli Kythreotou,
Associazione “Unite Cyprus Now"

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Negli anni sono stati fatti alcuni tentativi per riunificare le due metà dell'isola. Una delle strade principali che collega le due parti è stata riaperta nel 2008 a seguito di manifestazioni pacifiche. Da allora, il posto di blocco ha permesso ai residenti – ma anche a innumerevoli turisti – di passare da una parte all'altra. La Casa per la cooperazione nella zona cuscinetto, che ha aperto le porte nel 2011, gestisce programmi di riconciliazione. Tuttavia, queste iniziative rimangono modeste e lo status quo persiste. Ciò è chiaramente illustrato dalle mappe della città disponibili nell’ufficio turistico: da un lato la mappa è dettagliata e contiene i nomi delle strade nonché le attrazioni turistiche, dall’altra, invece, c’è solo un’area vuota segnata semplicemente con la scritta “territorio occupato”.

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“Nicosia è stata la capitale di Cipro per mille anni. Senza scendere in dettagli, l'ultimo periodo prima dell’indipendenza eravamo sotto il dominio britannico. Se si vuole capire la situazione attuale, è necessario iniziare a riflettere sulla divisione di allora, in un modo o nell’altro. Quando i britannici arrivarono qui, c’erano due grandi comunità etniche e religiose: i ciprioti greci e i ciprioti turchi. Anche la questione della loro denominazione si evolve nel tempo. Quando i britannici arrivarono, fecero un censimento e suddivisero la popolazione in musulmani e non musulmani, seguendo la modalità di classificazione ottomana.”

Marios Epaminondas,
Home for Cooperation

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Infine, vale la pena notare che l'adesione di Cipro all'Unione Europea nel 2008 ha determinato una situazione complessa e bizzarra: mentre l'intera isola fa ufficialmente parte dell'UE (solo la Turchia riconosce la parte settentrionale come stato indipendente), le regole dell'Unione Europea non vengono applicate nel territorio settentrionale “fino alla risoluzione della questione di Cipro”. Tuttavia, i cittadini turco-ciprioti hanno il diritto di votare alle elezioni europee. Ciò ha consentito, nel 2019, l'elezione al Parlamento europeo del candidato turco-cipriota Niyazi Kızılyürek, impegnato nella riunificazione dell'isola e nella difesa dei diritti turco-ciprioti.
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"È un momento storico, anche perché è la prima volta che entrambe le comunità, i ciprioti greci e i ciprioti turchi, voteranno per la stessa persona. È una politica non divisiva con cui concordo. Come ha detto mia sorella, speriamo di essere rappresentati, perché mi sembra che per l’UE eravamo invisibili. Come ciprioti turchi abbiamo dei diritti, ma politicamente non esistiamo, non abbiamo voce… Veramente. […] Se vince il nostro candidato le negoziazioni riprenderanno."

Fatma and Amy
Cipriote turche

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Autori del progetto By My Side e delle ricerche su Belfast, Mostar, Berlino, e Nicosia:

Atelier Limo (Simon Brunel and Nicolas Pannetier)
www.atelier-limo.eu


Ricerca di Nova Gorica/ Gorizia:
Interviste:
Ines Lakovič

Cameraman e fotografo delle interviste:
Urban Košir

Cronologia storica:
Boštjan Cigoj

Artisti/ architecti che hanno aderito al progetto:
Saša Mrak
Jakob Konuct
Marco Trost
Nika VidovičValentina Stincone

Traduzioni:
Mateja Sulic
Sara Terpin
Martina Humar

Curatrice della mostra:
Eva Kraljič

Responsabile del progetto:
Mateja Zorn

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